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Bonus casa, senza cessione del credito 7 milioni restano esclusi

04/03/2023

Da chi è rimasto improvvisamente escluso dopo lo stop alla cessione del credito ai proprietari delle abitazioni unifamiliari, dai forfettari (che non hanno le detrazioni Irpef) a tutti gli incapienti (quelli cioè che hanno un’imposta netta pari a zero dopo le detrazioni oppure ce l’hanno ma non sufficiente a coprire l’intera rata del rimborso annuo del bonus). Sono circa 7 milioni gli italiani, secondo il calcolo fatto dal Sole 24 Ore, rimasti con il cerino in mano dopo gli effetti diretti o indiretti del decreto legge 11/2023, in vigore dal 17 febbraio che ha posto fine alla cessione del credito e allo sconto in fattura, mentre i crediti incagliati ammontano a circa 19 miliardi di euro, già maturati.

I forfettari

Nei 7 milioni di italiani rimasti esclusi, vi sono, come detto, i forfettari: questi contribuenti non possono godere delle detrazioni Irpef in dichiarazione dei redditi sulle spese agevolate e, dunque, fino allo stop deciso dal governo utilizzavano la cessione del credito come unico modo per godere dei bonus dedicati alla ristrutturazione casa. Se si calcola il numero dei professionisti che in questi anni hanno optato per il regime agevolato, si arriva a circa 2,1 milioni di italiani che ora, senza più la cessione del credito, sono automaticamente esclusi dal bonus.

Le case unifamiliari

Di fatto, con il 17 febbraio le villette unifamiliari sono escluse dal Superbonus. Come sappiamo, il decreto Aiuti quater ha introdotto una proroga per il 2023 del Superbonus per le abitazioni unifamiliari. Le regole per averne diritto prevedono che i lavori siano stati avviati da gennaio e che si sia proprietari o titolari di un diritto reale sull’abitazione. Ma soprattutto: avere un reddito non superiore a 15 mila euro calcolato con il nuovo quoziente familiare (vi entrano solo i redditi di tutti i familiari e non il patrimonio). Questo tetto aveva già limitato la platea di chi può godere della proroga. Ora, togliendo la possibilità della cessione del credito e dello sconto in fattura per avviare i lavori, per redditi così bassi è difficile immaginare che ci sia la liquidità necessaria per la ristrutturazione. Ma nel caso i soldi si trovassero, poi mancherebbe comunque la capacità fiscale per ottenere il rimborso spalmato nelle quattro annualità previste per il Superbonus 90%. Condomini e villette che potevano accedere alla cessione del credito prima del blocco sono calcolate in circa 4,9 milioni.

I condomini

Problemi anche per i condomìni, dove non tutti gli inquilini hanno magari la capienza Irpef necessaria e che quindi con il cambio repentino della normativa ora potrebbero dire no al proseguimento di lavori magari già iniziati. Un’accusa spesso fatta al Superbonus è quella di essere un’agevolazione per ricchi. Se lo era con la cessione del credito, senza cessione lo diventa molto di più, dato che i lavori costano molto. 

Gli incapienti

Un effetto indiretto della decisione del governo è aver reso l’accesso ai bonus edilizi una possibilità solo per chi ha la capienza di imposte dichiarate necessaria per ottenere il 100% delle agevolazioni (in modo particolare quelle a breve durata, dove l’ammontare si concentra in soli 4 anni, come per i l Superbonus 90% o in 5 anni come per il Sismabonus). Chi ha redditi bassi e dunque versa meno imposte, senza la cessione dei crediti o lo sconto in fattura resta così escluso dai lavori più costosi di ristrutturazione, messa in sicurezza o efficientamento energetico.

Gli altri esclusi

Un altro folto gruppo è costituito dagli italiani che vivono all’estero. Sono circa 5,9 milioni quelli iscritti all’Aire che, se in possesso di case in Italia e volessero ristrutturarle ora sono esclusi dall’agevolazione. Infatti, non pagando tasse in Italia non hanno una capienza Irpef e l’unico modo alternativo all’esborso diretto del denaro per pagare i lavori era cedere il credito.

 

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